Bali. Un aspro contrasto contrappone l’India e un pugno di altri Paesi – Bolivia, Cuba e Sudafrica – al resto del mondo, Usa in capo, rispetto alla possibilita’ per i membri della Wto di mettere in campo misure di sicurezza alimentare in caso di crisi. Acquistare direttamente dai propri produttori a prezzi negoziati materie prime alimentari e stoccarle, per poi distribuirle a prezzi calmierati ai cittadini indigenti: e’ questo uno dei meccanismi di emergenza previsti dalla politica agricola indiana, che rischia però di essere messa fuori legge come sussidio illecito dal capitolo agricolo dei negoziati in corso al vertice della Wto in corso a Bali.
Questa ministeriale non doveva rappresentare una tappa di vera trattativa, secondo il Consiglio Generale preparatorio tenutosi a Ginevra nelle scorse settimane. Sul tavolo, insieme all’agricoltura, erano rimasti aperti infatti i temi della Facilitazione al commercio, cioe’ come armonizzare e facilitare le procedure di import-export nei Paesi in via di sviluppo; la Competizione nelle esportazioni, con al centro l’annoso tema dei sussidi veri e mascherati; e poi misure specifiche per i Paesi meno sviluppati (LDCs), come l’ingresso preferenziale dei loro prodotti nei mercati dei Paesi sviluppati, una deroga alla liberalizzazione dei servizi essenziali, supporto ai Paesi produttori di cotone, tra i piu’ poveri del pianeta, regole piu’ semplici per determinare l’origine dei prodotti e un’assistenza tecnica e finanziaria adeguate alla modernizzazione delle infrastrutture commerciali richiesta dagli altri capitoli del negoziato.
Il governo indiano, a un passo dalla verifica elettorale, non ha visto per se’ sufficienti vantaggi in tutti gli altri capitoli, per accettare di limitare la propria sovranita’ nazionale in ambito agricolo. Alla sua richiesta di rendere permanente una ”clausola di pacificazione”, che impedisse agli altri membri di denunciarla al tribunale della Wto per sussidi illegali per i suoi interventi per la sicurezza alimentare, gli altri Paesi si sono opposti, allineandosi ad un rifiuto formale presentato dal Pakistan cui gli Stati Uniti hanno dato fiato proponendo una durata della salvaguardia di soli 4 anni. Di qui lo strappo. E l’isolamento quasi completo dell’India in un angolo.
”Non possiamo continuare con la retorica dello sviluppo senza nessun tentativo concreto di risolvere i problemi piu’ importanti delle economie in via di sviluppo – ha denunciato il ministro al commercio indiano Anand Sharma al suo arrivo a Bali -. Non possiamo piu’ permettere che gli interessi dei nostri produttori vengano sacrificati sull’altare delle ambizioni mercantilistche dei ricchi”. L’Indonesia, ospite della ministeriale, e’ scesa pesantemente in campo che si comprometta il buon esito del vertice: il ministro al commercio Gita Wirjawan, a nome dei G20, ha richiamato tutti i colleghi ”a un atteggiamento piu’ costruttivo e pragmatico che permetta ad arrivare ad una regolazione che disciplini tutte le politiche di sussidi per l’agricoltura che distorcono il commercio”. E prendendo la parola anche per i Paesi piu’ poveri legati all’agricoltura, i G33, ha ribadito la necessita’ di trovare una soluzione all’empasse che rischia di far fallire la ministeriale di Bali. L’Europa, oggi al suo primo briefing a Bali, ha affermato di voler fare tutto quello che puo’ per sostenere Azevedo: ”solo lui sa fino a che punto Usa e Ue possono arrivare a mediazione – ha chiarito il funzionario della DG Trade – e noi non ci schiereremo fino a quando non sara’ Azevedo ad indicarci la direzione”.