In Campania le recenti piogge evidenziano drammaticamente la rilevanza dei problemi legati al rischio idrogeologico.
Sono ben 504 i comuni campani in cui sono presenti zone ad elevata criticità, l’estensione delle aree esposte a rischio è pari a oltre 2.597 kmq (cioè circa il 19% della superficie dell’intera regione). Ben l’83% del campione dei comuni intervistati ha nel proprio territorio abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio idrogeologico e il 29% presenta interi quartieri in tali aree. Nel 62% dei comuni campione della nostra indagine sono presenti in aree a rischio strutture e fabbricati industriali, che comportano in caso di alluvione, oltre al rischio per le vite dei dipendenti, anche il pericolo di sversamento di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni.
Inoltre, per il 18% delle amministrazioni intervistate sono presenti in zone esposte a rischio di frana o alluvione strutture sensibili e per il 22% sono state costruite in zone a rischio strutture ricettive turistiche o commerciali. Solo quattro fra tutti i comuni intervistati hanno intrapreso opere di delocalizzazione di abitazioni dalle aree più a rischio e solo in due casi le amministrazioni intervistate hanno provveduto ad avviare interventi di delocalizzazione di fabbricati industriali.
Sebbene l’80% di questi comuni si è dotato di un piano di emergenza da mettere in atto in caso di frana o alluvione, solo il 16% è risultato dotato di un sistema di monitoraggio e allerta che li possa rendere efficaci nella prevenzione. Questi dati, che dimostrano come nella regione Campania sia quanto mai urgente adoperarsi per affrontare il problema del rischio idrogeologico e come debba rimanere alto il livello di attenzione per frane e alluvioni, sono emersi dall’indagine Ecosistema rischio 2013, dossier annuale di Legambiente e del Dipartimento della Protezione Civile.
“Quanto riportato dall’indagine– dichiara Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico Legambiente Campania – mette in luce chiaramente la fragilità di un territorio dove bastano ormai semplici temporali, anche non particolarmente intensi, per provocare, allagamenti, disagi e seri pericoli per la popolazione. Una fragilità attribuibile ad un uso del territorio che non considera le limitazioni determinate dall’assetto idrogeologico. La Campania soffre in modo particolare di evidenti carenze e ritardi nella pianificazione territoriale e urbanistica, con costruzioni che sorgono in aree e su versanti troppo spesso fragili e instabili e un’urbanizzazione pesante delle aree a rischio resa ancora più grave dall’abusivismo.
L’elevata suscettibilità al dissesto del territorio campano va sicuramente attribuita anche ad alcuni aspetti predisponenti indipendenti dalle attività dell’uomo – conclude Giancarlo Chiavazzo – tuttavia una delle principali cause dell’elevato livello di rischio che incombe sulla regione va individuata nella inadeguata o mancata pianificazione e gestione dell’uso del suolo. L’80% delle amministrazioni comunali intervistate ha recepito nel piano urbanistico le perimetrazioni contenute nei PAI delle Autorità di Bacino, ma occorre urgentemente adeguare i piani urbanistici alle mappe del rischio e dare effettiva efficacia a tali vincoli. Solo nell’ultimo anno il territorio è stato sconvolto da numerose frane e alluvioni con conseguenze gravissime per le comunità locali e le attività economiche, determinando purtroppo anche vittime. Per questo chiediamo venga accolto il nostro appello di mettere da subito in pratica una seria politica di prevenzione ed effettiva mitigazione del rischio idrogeologico. Serve quindi la massima attenzione delle amministrazioni comunali nella messa a regime delle attività non strutturali di prevenzione, come d’altra parte dispone la Direttiva Alluvioni dell’UE”.
Nel 61% dei comuni intervistati è attiva una struttura di protezione civile operativa in modalità h24. Da rilevare anche che nel 67% dei comuni campione dell’indagine è stato recepito il sistema di allertamento regionale ma solo il 30% dei comuni campioni ha aggiornato il piano d’emergenza. Dall’indagine risulta che solo il 21% dei comuni realizza attività di informazione rivolte ai cittadini e solo nel 28% dei casi sono state organizzate esercitazioni. Secondo i risultati dell’indagine anche quest’anno nessun comune campano raggiunge il voto di eccellenza necessario per essere premiato da Legambiente e dal Dipartimento della Protezione Civile con la bandiera “Fiume Sicuro”, da esporre nel proprio territorio come riconoscimento del buon lavoro svolto nella mitigazione del rischio idrogeologico. I comuni più meritori fra tutti quelli che hanno partecipato all’indagine sono Siano e Piaggine.
L’altra faccia della medaglia in Campania è rappresentata dai comuni di San Giuseppe Vesuviano, Baselice e Battipaglia, dove è presente una pesante urbanizzazione delle zone esposte a pericolo di frane e alluvioni e non sono state avviate sufficienti attività mirate alla gestione del rischio, né dal punto di vista della manutenzione del territorio, né dell’organizzazione di un efficiente sistema comunale di protezione civile dedita alla prevenzione.