E’ una malattia. Lo scrive il prestigioso periodico medico ‘The Lancet’, e la chiama ‘WhatsAppitis’, la ‘WhatsAppite’ che coglie chi passa troppe ore con lo smartphone in mano a digitare. Una situazione che può creare problemi ai polsi, un vero e proprio disagio che la rivista indica come reale, dopo la diagnosi di un 34enne. Che è rimasto incollato al suo telefono per sei ore su una chat il giorno di Natale, 130 grammi di carico sui polsi.
Il peso, assieme al continuo movimento dei pollici prolungato per ore, ha provocato nel paziente un risveglio spiacevole, con i polsi sovraccaricati e dolenti. La diagnosi è “WhatsAppite”, scrive su il dottor Fernandez-Gurrero. A quel punto scattano gli antinfiammatori, e soprattutto un’astinenza obbligata da chat e smartphone. Non è la prima volta che un disturbo viene associato a un dispositivo o un’applicazione elettronica: nel 1990, in piena esplosione del Nintendo Gameboy, non erano pochi a riscontrare polsi e dita affaticate e doloranti. E si parlava di “Nintendinite”.
Ma con la tecnologia di oggi, sempre più diffusa, la WhatsAppite sembra destinata a diffondersi.
Fernandez-Gurrero parla di una condizione che si va ampliando verso il mondo degli adulti, una malattia emergente che arriva da segnalazioni iniziali nella sfera di bambini e ragazzi. Tutti chattano, ma probabilmente tutti dovranno imparare a gestire le proprie risorse muscolari. E nell’attesa si può sempre usare il riconoscimento vocale per inviare messaggini al mondo.