Sono passati sei anni dalla morte di Yves Saint Laurent e il cinema è tornato ad omaggiare una delle icone più glamour ed eleganti, oltre che rivoluzionarie e controverse, della moda. A percorrere la storia dello stilista è stato Jalil Lespert, regista di origine algerina come mo lo stesso stilista, il quale ha scritto la sceneggiatura a sei mani, insieme a Marie-Pierre Huster e Jacques Fieschi, ispirandosi all’omonimo libro di Laurence Benaim.
Il film biografico ripercorre la sua vita privata piuttosto che quella professionale, volutamente lasciata come corollario. Si conentra prettamente sul ventennio che va dal 1956 al 1976, Lespert racconta gli anni della giovinezza dello stilista di Orano, quelli della scalata verso il successo, partendo dagli inizi: già ventenne si ritrova direttore artistuco della casa di moda creata da Christian Dior. Sarà proprio grazie a questo incarico che il giovane Saint Laurent, durante la prima sfilata in veste di creatore per la maison francese, incontrerà Pierre Bergè, l’uomo che di lì a poco tempo sarebbe diventato il suo più grande estimatore, fedele socio in affari e compagno fino alla fine dei suoi giorni.
Pierre Bergè è parte integrante della vita di Saint Laurent. Il mecenate, che per primo scorse il talento dell’allora giovanissimo stilista, non solo ha reso disponibili i veri abiti prestati alla produzione dalla Produzione Saint Laurent, ma ha voluto anche collaborare attivamente alla sceneggiatura e alla realizzazione del film, per renderlo il più veritiero possibile. Un rapporto solido quanto travagliato, che ha resistito nel corso degli anni alla pressione delsuccesso, dei riflettori e dei tanti tradimenti ai quali entrambi non seppero resistere. Nonostante i demoni e le insicurezze che hanno tormentato il geniale designer, fu proprio grazie al sostegno di Bergè che Yves riuscì nell’impresa di trasformare il mondo della moda dell’epoca, costruendo attorno a sé un mito che è rimasto a tutt’oggi intatto.