Salerno. Grande affluenza, tra forensi, esperti in psicologia e semplici curiosi, ieri pomeriggio nella Sala Consiliare del Palazzo della Provincia di Salerno, al seminario “Violenza e stalking”.
L’incontro si è tenuto a cura dell’Associazione Italiana di Psicologia e Criminologia, con i dipartimenti “Osservatorio Nazionale sullo Stalking” e “Centro Presunti Autori e Presunte Vittime di violenza e stalking”, con il patrocinio morale del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno e dell’AIGA di Salerno, ed ha affrontato il problema dello “stalking” dal punto di vista giuridico e psicologico connesse al fenomeno della violenza in generale.
Ma facciamo un passo indientro. Stalking: di cosa stiamo parlando?
Termine che fino a qualche decennio fa non esisteva, palesato quasi sotto voce, fino a divenire oggi una realtà che tocca la quotidianità di circa la metà delle donne, deriva dall’inglese to stalk, che significa “fare la posta, inseguire, cacciare”.
Questo è lo stalking: comportamenti reiterati di sorveglianza, controllo, contatto pressante e minaccia che invadono con insistenza la vita di una persona per toglierle la quiete e l’autonomia.
E’ l’attenzione morbosa di “chi insegue” la sua vittima, che si trasforma in ossessione e poi in molestie quotidiane, silenziose, difficili da individuare e arrestare. E’ il sospetto di “chi fa la posta” che diventa paura ed erode la libertà dell’altro fino a costringerlo in una prigione soffocante.
Ma chi è “il cacciatore”? Lo “stalker” è quel cacciatore che con comportamenti indesiderati, molesti, persistenti e lesivi della dignità morale, perseguita la vittima al fine di ricercare o di mantenere contatti con essa, pur non voluti, con atteggiamenti aggressivi, fisici o psicologici. “Atti persecutori” quindi, che si manifestano come pesanti intrusioni nella vita privata della vittima, tali da ingenerare disagio, ansia e paura.
Gli atti persecutori sono ora un reato ben definito, punito con condanne di reclusione fino a 5 anni. Dall’entrata in vigore della legge sullo stalking, il 25 febbraio 2009, è emerso un fenomeno dalle dimensioni allarmanti, portando alla luce centinaia di richieste di aiuto da parte delle vittime.
Nello specifico, la legge, oltre a prevedere la pena della reclusione da sei mesi ad un massimo di cinque anni, l’aggrava se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona legata alla vittima da relazione affettiva anche pregressa, se avviene a danno di un minore, di una donna incinta, di una persona disabile, se è commesso con armi, travisamento, strumenti informatici o telematici.
Ma chi sono questi stalkers? Gli stalkers sono intorno a noi, spesso vivono insieme con noi e fanno parte del nostro ordinario “sotto mentite spoglie”. Chi molesta può essere un marito o una moglie, un ex, un collega o il capo, il nostro insospettabile vicino di casa, l’amico di sempre o “uno di famiglia”.
Desiderio di ristabilire una precedente relazione affettiva terminata; il tentativo ossessivo di instaurare una relazione o un contatto; il desiderio di vendetta; la ricerca di un approccio sessuale.
Sono diversi i moventi che spingono il molestatore ad agire, ma comuni gli elementi caratterizzanti chi fa violenza: Insistenza, ripetitività e serialità delle condotte moleste, pressione psicologica, precedente rapporto o relazione con la vittima.
Ma ci è mai capitato di “essere vittime”?
Siamo mai stati oggetto di atti di vandalismo da parte di chi abbiamo inconsapevolmente offeso e che ci sembrava innocuo? Di essere attesi presso la nostra abitazione, nei luoghi che frequentiamo abitualmente o sul luogo di lavoro; di essere inseguiti per strada, spiati, sorvegliati, offesi verbalmente?
Ripetute telefonate nel corso della giornata, sms, mail, fax, ricerca dei contatti tramite i social (Facebook, Google, LinkedIn, Instagram).
Regali che arrivano indesiderati, lettere sul parabrezza dell’auto, scritte sul posto di lavoro; minacce a noi e alle persone a noi vicine.
Atti di ordinaria ma non insolita e sempre più frequente follia.
Lo stalker causa alla sua vittima profondi e laceranti turbamenti che ne ledono l’equilibrio e il benessere psicofisico, molte volte in maniera irreversibile.
E’ in questa fase che appare di fondamentale importanza rivolgersi ad uno specialista psicologo, professionista in grado di accompagnare la vittima di stalking in questo percorso di presa di coscienza, di riorganizzazione del trauma nel tentativo di ritornare alla normalità.
Da marzo 2009 è operativo presso il Dipartimento per le Pari Opportunità il Nucleo Carabinieri – Sezione Atti Persecutori – composto da criminologi, psicologi, sociologi, biologi e informatici, al lavoro per monitorare il fenomeno e individuare i profili psicosociali di molestatori. L’obiettivo finale è quello di realizzare un vademecum di riconoscimento per tutti gli operatori investigativi e di giustizia che si confrontano con la nuova tipologia di reato.
Ricordiamo inoltre che il 25 novembre è stato scelto nel 1999 come “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” dall’Assemblea Generale della Nazioni Unite, che ha ufficializzato una data che fu scelta da un gruppo di donne attiviste, riunitesi nell’Incontro Femminista latinoamericano tenutosi nel 1981. Questa data fu scelta in ricordo del brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle Mirabal, considerate esempio per l’impegno con cui tentarono di contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo (1930-1961), il dittatore che tenne la Repubblica Dominicana nel caos per oltre 30 anni.
Il problema è che ci ridestiamo dal coma della tolleranza e dell’accecamento alla violenza solo in occasione di un evento simbolico come questo. Accettiamo, sopportiamo, quasi presi da un senso di colpa ingiusto, ma non ne parliamo. Non denunciamo. Non cerchiamo aiuto.
Solo il 30% oggi in Italia delle vittime di stalking denuncia l’accaduto e molto spesso ritira la denuncia per paura o per perdono, o per quel “legame malato” che ancora resta con il nostro carnefice.
Pensare di farcela da sole, senza l’aiuto di esperti, è un errore. A tal proposito è stato istituito un numero telefonico di pubblica utilità nazionale “1522” (gratuito), pensato per fornire ascolto e sostegno alle donne vittime di violenza. Il numero è attivo 24 ore su 24 per tutti i giorni dell’anno ed è accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con accoglienza disponibile nelle lingue italiana, inglese, francese, spagnolo ed arabo. Le operatrici telefoniche dedicate al servizio forniscono una prima risposta ai bisogni delle donne vittime di violenza, offrendo informazioni utili e un orientamento verso i servizi socio-sanitari pubblici e privati presenti a livello locale