Sempre più spesso capita di imbattersi in prodotti che paiono originali ma che in realtà non sono altro che una copia – molto ben fatta – di beni di marchi soprattutto di lusso.
Il mercato del falso si sta ampliando sempre di più e secondo le stime ad oggi si aggira intorno ai 960 miliardi di dollari.
In Italia, i marchi sono tutelati dal codice della proprietà industriale e il legislatore ha individuato tre tipologie di reato previste nell’articolo 473 del codice penale: la contraffazione si verifica quando chi non è autorizzato legalmente a vendere, produce o immette sul mercato prodotti che possono ingannare i consumatori; l’alterazione si attua nel momento in cui le modifiche del marchio originale sono parziali, cioè ottenute attraverso l’eliminazione o l’aggiunta di elementi marginali; l’uso di marchi o segni contraffatti o alterati, infine, riguarda il semplice utilizzo di un marchio altrui senza incorrere nella contraffazione o alterazione.
Per quanto riguarda la contraffazione, ogni anno sono rimosse moltissime offerte di prodotti contraffatti che rappresentano in maniera indiretta per l’azienda una perdita pari a migliaia di euro; è opportuno considerare anche il danno all’immagine del marchio autentico e la confusione creata nei consumatori che si aspettano dalla merce acquistata le stesse prestazioni di quello originale, con un rischio per la propria salute.
E’ compito del produttore dimostrare la non autenticità del prodotto contraffatto ed effettuare un controllo preciso e puntuale su colori, materiali, ologramma e numero di omologa, attraverso un registro, in continuo aggiornamento, della merce di sua produzione.
Marco Falaguerra e Simona Signorotto del dipartimento Comunicazione e Marketing di Sparco, uno dei marchi più contraffatti del settore automobilistico a livello mondiale, secondo le ricerche di Netnames, hanno spiegato che, nel caso di un falso evidente, come il cambio di una lettera, l’errore è palese ma le riproduzioni sono identiche; l’unico modo per eliminare qualsiasi dubbio è controllare il codice di certificazione europeo, la FIA, ma spesso sono gli stessi produttori ad avere gli stampi e a immettere sul mercato i prodotti contraffatti.
Tuttavia, le aziende sono impossibilitate fisicamente a controllare e seguire il mondo online ormai in continua espansione e ad aiutare il consumatore nell’acquisto sul web in quanto il cliente si basa spesso sulle riproduzioni fotografiche estrapolate dai cataloghi originali e viene truffato dal prezzo conveniente.
Al fine di ridurre le cifre mondiali della contraffazione, ha precisato Simona Signorotto, occorre aumentare l’informazione e rivolgere l’attenzione ai consumatori, fornendo loro gli strumenti e indicando, in maniera scrupolosa, le caratteristiche tecniche relative a un prodotto originario in modo da poterlo distinguere da quelli taroccati.