In Europa, l’Italia è al top per il carico fiscale sulle imprese (total tax rate), pari al 64,8% dei profitti commerciali nel 2014 contro la media europea del 40,6%.
A rivelarlo è il rapporto “Paying Taxes 2016” di Banca Mondiale e Pwc (PricewaterhouseCoopers), diffuso a Varsavia e presentato a Roma presso il Ministero dell’Economia (Mef).
La direttrice del dipartimento delle politiche fiscali, Fabrizia Lapecorella, ha osservato che tale rapporto “non riflette le riforme degli ultimi due anni che avranno sicuramente un effetto” e ha segnalato che “negli ultimi 10 anni l’Italia ha mostrato un costante miglioramento dal 76,9% al 64,8%“; su questa percentuale, il costo del lavoro vale 40 punti circa.
In merito al risultato mondiale, nel 2014 la Penisola è stabile al 137esimo posto nella classifica che misura il peso fiscale sulle imprese sia in termini materiali sia di obblighi e adempimenti amministrativi.
Le economie dei paesi presi in esame sono 189 e tre gli indicatori: tax rate al top in Italia, anche se in miglioramento sul 2013; time to comply, ossia il tempo dedicato al Fisco, pari a 269 ore all’anno contro una media mondiale di 261 ore e una Ue ed Efta (European free trade association) di 173 ore; number of payments, cioè il numero di pagamenti, che in Italia sono 14 contro i 25,6 mondiali e gli 11,5 europei.
Lapecorella ha elencato le riforme che potranno incidere sul posizionamento dell’Italia per i prossimi rapporti della Banca Mondiale, dato che svilupperanno i loro effetti dal 2015.
In particolare, a influire sul peso fiscale complessivo, saranno, per il Mef, le misure in arrivo con la legge di Stabilità, dal taglio dell’Ires ai maxiammortamenti, e quelle introdotte con la scorsa manovra, come l’eliminazione dell’Irap dal costo del lavoro, il credito d’imposta e il patent box.
Il maggiore contributo, ha spiegato Fabrizio Acerbis di Pwc, che ha stilato il rapporto con la Banca Mondiale, si attende dagli sgravi sui contributi per i neoassunti a tempo indeterminato.
Acerbis ha sottolineato che “ci sono misure che avranno un impatto” sul ranking italiano e altre che contribuiranno a dare una spinta “agli investimenti esteri in Italia” perché migliorano il “business enviroment. Le aliquote non sono il principale driver per gli investimenti in un Paese. Contano di più alcuni incentivi specifici, e il patent box va ad esempio in questa direzione”.
Tuttavia, quello che conta è anche “la stabilità delle norme, la certezza della loro interpretazione e una interlocuzione di buona qualità con l’amministrazione. E il gap tra amministrazione e imprese estere in Italia si sta riducendo”.
Lapecorella ha ricordato che i temi sono affrontati con l’attuazione della delega fiscale, a partire dalla cooperative compliance “che per ora riguarda le imprese di grandi dimensioni ma con il tempo riguarderà anche le altre”.