La Salerno Classica di Francesco D’Arcangelo continua il suo tour nel parco Archeologico di Paestum con il secondo appuntamento d’autore ospitando il 19 luglio Antonella Ruggiero con l’Ensemble Salerno Classica diretta da Valter Sivilotti
Salerno Classica, dopo il concerto inaugurale che ha visto nell’incantevole cornice di Villa Salati, che ha impreziosito l’estate del comune di Capaccio Paestum, portando la grande musica tra i templi, lanciando un vero e proprio ponte tra la solennità storica delle antiche pietre e il futuro, con il tributo ad Ennio Morricone proposto dal soprano beneventano Daniela Del Monaco con l’Orchestra del Teatro Goldoni di Livorno, diretta da Francesco D’Arcangelo, in doppia veste di direttore artistico della Associazione Gestione Musica, promotrice insieme al comune di Capaccio Paestum, guidato da Franco Alfieri, una rassegna che gode del patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Campania, nonché il sostegno della Bcc Capaccio Paestum Serino e della Fondazione della Comunità Salernitana, che spaziare tra i diversi generi musicali e prestigiosi ospiti, puntando a recuperare i valori della musica in un’ottica di dinamicità, innovazione, esperienza e dialogo, giunge al suo evento clou.
Il cartellone della manifestazione, ospiterà, infatti, venerdì 19 luglio Antonella Ruggiero in Concerto Versatile sostenuta dall’Ensemble Salerno Classica diretto da Valter Sivilotti. Il nome di Antonella Ruggiero, una delle voci più versatili del panorama italiano, ha attraversato gli ultimi venticinque anni della musica italiana; con le sue canzoni ha raccontato e seguito in parallelo l’evoluzione e la traiettoria dei costumi, del gusto del grande pubblico. Prima con i Matia Bazar e poi, dagli anni Novanta, con una carriera solista, tanto variegata quanto di successo, la sua abilità di interprete, intrecciata ad una naturale curiosità, al desiderio di spaziare oltre i confini delle formule e dei linguaggi tradizionali, ha saputo toccare campi e punti virtualmente molto distanti tra loro.
Queste differenti esperienze, venutesi a maturare in questi anni, vengono ora proposte da Antonella in un concerto che tocca tutti i suoi più grandi successi da “Vacanze romane” fino ad arrivare al più recente “Echi d’infinito”, andando così a interpretare in chiave tutta nuova brani che hanno fatto la storia della musica leggera italiana. Ma la carriera di Antonella Ruggiero non si è fermata al pop: negli ultimi anni ha infatti attraversato la musica legata alla cultura religiosa occidentale, indiana e africana per poi spingersi nelle atmosfere di Broadway, il fado portoghese, la canzone d’autore e l’Italia a cavallo fra le due guerre.
Pop, dunque, ma anche musica sacra e musiche dal mondo in questo recital che raggiunge anche i brani di alcuni celebri cantautori italiani, scoprendo però sempre nuove modalità di arrangiamento ed interpretazione.
Il concerto, sarà, quindi, un viaggio in tutti i Sud del mondo, tra nuove culture, nuovi suoni e ritmi che negli anni si sono rivelati vincenti prima con i mitici Matia Bazar, e oggi con nuove contaminazioni popolari tra titoli quali “Balada do Sino” della tradizione portoghese, “Kirie” da una messa Luba africana, la sarda “Non potho reposare” e la friulana “Oh tu stele” e tante altre sorprese fino alla “Guantanamera” cubana.
Finale giovedì 5 settembre con un omaggio a Domenico Modugno, “Volare”, con Peppe Voltarelli protagonista e l’orchestra Sinfonica di Sanremo diretta da Giancarlo de Lorenzo. Un tributo a Domenico Modugno, attore, autore e cantante di successo, uomo del sud ma soprattutto artista a tutto campo, innovatore della canzone italiana e raffinato performer autore di brani memorabili capace di spaziare dalla canzone moderna esistenzialista e socialmente impegnata al canto in dialetto ripercorrendo i sentieri della tradizione popolare esaltando i valori della civiltà contadina e l’amore per la natura. Il repertorio di Domenico Modugno, illustre rappresentante di questa tradizione, che con il suo talento seppe creare le basi per una innovativa poetica culturale, restituendo dignità all’uso del dialetto, diventa per Voltarelli il pretesto per una riflessione autobiografica sul viaggio e sul senso di sradicamento e precarietà di ogni emigrante.