La versatilità degli impianti per l’irrigazione localizzata consente di erogare volumi costanti e uniformi di acqua da apportare alla pianta somministrando contemporaneamente anche unità fertilizzanti nei rapporti richiesti dalle effettive esigenze dell’olivo.
Soluzione tecnica che trova in olivicoltura un’applicazione quale pratica agronomica nota come fertirrigazione, che permette di modulare di volta in volta le quantità dei diversi elementi fertilizzanti necessari per formulare piani di concimazione in funzione delle diverse fasi fenologiche della pianta, del pH del terreno, della qualità delle acque, della solubilità degli elementi minerali e di altri fattori.
Con la fertirrigazione si può, quindi, dosare meglio l’apporto di unità fertilizzanti rendendole immediatamente disponibili per l’assorbimento da parte delle radici, a differenza di quanto si verifica con i concimi in polvere o granulari che subiscono la retrogradazione del fosforo, l’insolubilizzazione del potassio e la trasformazione in stato gassoso dell’azoto se il terreno non possiede un elevato grado di umidità.
Processi, questi ultimi, non facilmente quantificabili che inducono l’olivicoltore ad abbondare nella quantità di concimi da distribuire: oltre a far aumentare il costo dell’operazione, innescano nell’olivo squilibri fisiologici con conseguenze sullo stato vegetativo e produttivo della pianta.
La fertirrigazione consente invece di ottimizzare il rapporto fra le unità fertilizzanti principali (N, P e K) e l’apporto di microelementi (rame, ferro, zinco, magnesio, boro), facilitando in tal modo il superamento dei momenti critici dell’olivo in alcune fasi come la fioritura e l’allegagione.
La scelta del concime idrosolubile deve essere fatta tenendo in evidenza lo stato della qualità e della purezza delle acque utilizzate per l’irrigazione, la velocità di solubilizzazione e la solubilità in relazione alla temperatura dell’acqua.
Fra i concimi azotati, l’urea è la più utilizzata grazie all’elevata concentrazione di azoto, al costo più basso dell’unità fertilizzante rispetto agli altri azotati, all’elevata solubilità e alle limitate perdite per percolazione.
Quando la fertirrigazione viene effettuata all’inizio del ciclo vegetativo della pianta, essendo la temperatura ancora bassa, è opportuno impiegare formulati a base di azoto nitrico o ammoniacale.
La decantazione dei fosfati insolubili avviene quando vengono utilizzati il fosfato-monoammonico (PMA) o il fosfato-diammonico (PDA) con acque di irrigazione ad elevato contenuto di calcio e di magnesio che possono provocare l’occlusione degli erogatori e il cattivo funzionamento delle valvole.
L’acido fosforico, oltre a liberare nel terreno quantità di fosforo necessarie all’olivo, abbassa il pH della soluzione fertilizzante ed elimina le incrostazioni calcaree e fosfatiche della rete irrigua.
In quanto ai formulati a base di potassio, vengono generalmente utilizzati il nitrato di potassio per la buona solubilità e per la quantità di azoto contenuta, mentre il cloruro di potassio può creare a volte alterazioni fisiologiche alla pianta ma fornisce il potassio a un prezzo più basso rispetto agli altri formulati.
I microelementi sono unità fertilizzanti sotto forma di chelati e di solfati e vengono utilizzati nella fertirrigazione per correggere carenze nutritive che possono riscontrarsi nella pianta; devono essere preventivamente sciolti e aggiunti in soluzione nel serbatoio erogatore dell’impianto.
Come precedentemente precisato, l’apporto della soluzione nutritiva deve essere effettuato con uniformità: risultato che si ottiene grazie all’evoluzione tecnico-costruttiva avvenuta nelle pompe dosatrici e negli erogatori dotati di sistemi autocompensanti che non si limitano a dosare in modo volumetrico la soluzione stessa, ma che determinano anche la proporzionalità del quantitativo preventivamente calcolato nel software del computer.
La proporzionalità nell’erogazione è resa possibile grazie alla computerizzazione delle diverse operazioni che contraddistinguono la funzionalità dell’impianto irriguo o di fertirrigazione e all’utilizzo di sensori che rilevano il pH e la conducibilità elettrica (EC) che misura la concentrazione ionica della soluzione nutritiva: sensori di cui sono dotate le sonde.
Tali innovazioni tecnologiche riguardano soprattutto pompe, dosatori e valvole che vengono gestiti da centraline elettroniche o computerizzate: attrezzature e dispositivi che costituiscono i “banchi di fertirrigazione”.
L’immissione di fertilizzanti può avvenire mediante pompe iniettrici azionate da energia meccanica ricavata dalla pressione dell’acqua nella tubazione, oppure da quella elettrica.
I banchi di fertirrigazione con fertirrigatori computerizzati consentono di formulare soluzioni nutritive con percentuali quantitative variabili delle unità fertilizzanti.
Soluzione tecnologica che permette di gestire contemporaneamente l’irrigazione e la fertirrigazione, di variare la reazione pH e EC nel corso delle 24 ore, di utilizzare diversi tipi di acqua (piovana, di falda, ecc.) anche miscelate in base a un prestabilito programma, di controllare e di regolare la frequenza e la durata dell’intervento irriguo in base al fabbisogno idrico dell’olivo utilizzando sensori, di registrare i dati relativi ai consumi idrici, all’evotraspirazione della pianta e ai volumi delle soluzioni di drenaggio.
La tecnologia dei banchi di fertirrigazione consente un dosaggio preciso delle formulazioni nutritive mediante la miscelazione automatica della soluzione madre (acqua + fertilizzante) per la preparazione della soluzione figlia a partire da due fino a più soluzioni madre e di una soluzione acida per la correzione del pH.
In ogni formulato vengono programmati i rapporti nutritivi fra la soluzione madre, l’EC e il pH desiderati.
Va tenuto sempre presente che la concentrazione totale degli elementi fertilizzanti non deve superare i cinque grammi per litro, e devono essere preventivamente sciolti e miscelati prima di essere immessi nella rete di erogazione.