scarpetsPrende sempre più largo la diffusione delle scarpets, ossia calzature con le punte all’insù, di velluto, lino, seta o con ricami raffinati, per secoli frutto di un artigianato al limite dell’arte e ora simbolo di moda.

Giorgio Armani ammette di utilizzarle sia per sé, sia come accessorio per le sue sfilate, e Deda Meriggi, titolare di un negozio di scarpe milanese, le ha registrate all’Ufficio marchi di roma con il nome di “Scarpets a porter”.

Né ciabatte, né scarpe, né pantofole, queste singolari calzature fatte a mano dall’aria un po’ esotica, un po’ indiana e un po’ araba, sono sempre uno dei simboli delle tradizioni friuliane e carniche. Le vere scarpets sono unisex, hanno la tomaia in velluto e la suola rigorosamente fatta con copertone di bicicletta, usato meglio se bicolore e con il numero in evidenza.

Si possono indossare con il tallone sollevato o abbassate e sono adatte sia per l’ interno, sia per l’ esterno. A produrle sono ormai pochissimi artigiani, come pochi sono i maestri tessitori che sanno rinverdire le glorie dell’inventore dell’industria tessile della Carnia, Jacopo Linussio, un sapere che oggi si esprime, ad esempio, nei prodotti del laboratorio del minuscolo borgo di Illegio, dove si confezionano lenzuola di raso e lino per le migliori boutiques europee, o nella ricca gamma di tessuti per la casa e l’arredamento della Carnica Arte Tessile di Villa Santina.