Dal 1° aprile gli stipendi dei manager delle società non quotate, direttamente o indirettamente controllate dal Tesoro, sono soggetti immediatamente al tetto definito in base allo stipendio del presidente della Corte di Cassazione. A renderlo noto è il ministero dell’economia, specificando che i limiti non riguardano Enel, Eni, Finmeccanica, Ferrovie, Cdp e Poste.
Il decreto 166 del ministero dell’Economia stabilisce un principio di proporzionalità che lega gli assegni dei manager alla complessità del loro lavoro, sulla base di precisi parametri che riguardano il valore della produzione, gli investimenti e il numero dei dipendenti delle società che gestiscono. Per ciascuna fascia è stato quindi fissato un limite retributivo per il trattamento economico degli amministratori.
Nella prima fascia si collocano le società con un valore della produzione maggiore o uguale ad un miliardo di euro, con investimenti maggiori o uguali a 500 milioni e un numero di dipendenti pari a 5.000 unità o più. Alla seconda fascia appartengono le società con valore della produzione maggiore o uguale a 100 milioni, investimenti pari ad almeno un milione e con almeno 500 dipendenti. Le società che presentano parametri inferiori appartengono alla terza fascia. A loro volta, i compensi degli amministratori scendono dal 100% di quello del Primo presidente della Cassazione nella prima fascia, all’80% nella seconda e infine al 50% nella terza fascia. Di fatto, si avranno tre scaglioni di retribuzione: 311 mila euro, 248 mila euro e 155 mila euro.