Quanti “Genny ‘a carogna” e “Gastone” ci sono nel calcio italiano? Di quante piccole “tigri Arkan” – il nome di battaglia di Zeljko Raznatovic, capo ultrà della Stella Rossa Belgrado e criminale di guerra – sono ostaggio le curve e i club e, a volte, come si è visto nella bolgia dell’Olimpico, lo Stato?
Da Napoli a Torino, da Roma a Milano e poi Catania, Brescia, Verona. Ogni curva il suo capo. Ogni capo il suo territorio. Ogni territorio le sue regole scritte a suon di botte e minacce. Un uomo solo (o quasi) al comando. Uno che decide, fa e disfa per tutti. Nelle curve metropolitane “tutti” vuol dire anche 10 o 15mila persone. Che ti obbediscono e ti seguono. Pure all’inferno, se occorre. Ecco chi sono i ras del tifo:
Loris Grancini, capo dei Viking della Juventus, è considerato uomo vicino a Cosa nostra e alla cosca calabrese dei Rappocciolo.
Poi c’è il bocia, leader storico dei tifosi dell’Atalanta, Claudio “Bocia” Galimberti ha 42 anni e ha già collezionato una ventina di daspo.
Davide Rosci, 31 anni, è uno dei capi della curva del Teramo, “la più a sinistra d’Italia”. Arrestato a Roma nel 2011.
Fabrizio Fileni è capo ultras del Genoa: ordinò ai giocatori rossoblù di togliersi le maglie dopo la sconfitta col Siena.
Arrestato più volte per reati da stadio, Franco Caravita, fondatore dei Boys, è il ras della curva dell’Inter.
Giancarlo “Sandokan” Lombardi, capo della “Curva Sud” del Milan ha precedenti per rapina, lesioni, tentato omicidio.
Diego Piccinelli, del gruppo ultras Brescia 1911, è stato denunciato per aver aggredito un tifoso del Verona: ha il foglio di via.
Fabrizio Piscitelli, in arte Diabolik, ha 47 anni, è il leader degli Irriducibili nel Lazio. È in carcere per traffico di stupefacenti.
Michele Spampinato, 37 anni, ha subito il daspo ma ancora gestisce la curva del Catania. Nel 2008 fu accoltellato.