Una serata che resterà impressa nelle menti degli oltre 30.000 spettatori che ieri sera hanno riempito lo Stadio Arechi di Salerno. Luciano Ligabue non si è risparmiato e ha premiato il calore del pubblico con oltre due ore di rock.
La lunga attesa, cominciata già nella mattinata di ieri per i fan più appassionati, si è conclusa intorno alle 21.30, quando il rocker emiliano e la sua band hanno attaccato con Il muro del suono tratto dall’ultimo album Mondovisone. La scenografia, caratterizzata da un immenso schermo alle spalle del palco, e i giochi di luci, unite alla musica, all’adrenalina, e alla chitarra di Poggipollini, hanno trascinato anche lo spettatore più pacato.
In scaletta, oltre agli ultimi pezzi, anche i capolavori del passato, quelli in pratica che hanno portato allo stadio anche i genitori oltre ai figli. Non è tempo per noi, Sulla mia strada, Il giorno di dolore che uno ha, L’odore del sesso, Bambolina e Barracuda e ovviamente l’immancabile Urlando contro il cielo, una bomba rock che ha fatto tremare lo stadio. Da rockstar esperta Ligabue ha coinvolto il suo pubblico, lusingando Salerno e il suo calore, e da uomo maturo ha parlato di “senso della vita”, (Siamo chi siamo) e del “potere” come abuso e prevaricazione, introducendo la “biblica” Il sale della Terra.
La conclusione l’ha affidata a Quella che non sei e Certe notti prima della presentazione della band e di Con la scusa del rock ‘n roll. Infine il saluto dal palco e l’abbraccio alla sua gente, consapevole di essere riuscito, ancora una volta, a mischiare “la pelle, le anime e le ossa”.